Quando, nel 1953, vennero pubblicate le "Ricerche filosofiche", Oxford e Cambridge erano la Mecca della filosofia analitica, e Ludwig Wittgenstein ne era il campione indiscusso. Il suo impatto sulla cultura filosofica del tempo indusse molti a ritenere che quel modo di pensare avrebbe conquistato anche il resto del mondo filosofico anglosassone.
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Fu una previsione sbagliata, come si può constatare osservando il quadro teorico di riferimento attualmente in auge nei dipartimenti di filosofia inglesi e statunitensi. La tradizione che risale a Wittgenstein non ha ottenuto negli Stati Uniti il prestigio atteso e in Gran Bretagna ha perso la centralità che pure aveva. Il volume documenta come ciò sia accaduto, raccontando il declino di quella illustre tradizione: la tendenza elei filosofi americani a recepire la filosofia "linguistica" con la mediazione di Carnap, ora dimenticando, ora fraintendendo Wittgenstein; e la resa di alcuni discepoli di Wittgenstein, sfidati dai mostri sacri della filosofia analitica (da Quine a Davidson, da Fodor a Putnam e Kripke) e incapaci di allearsi con i grandi wittgensteiniani eterodossi come Sellars, Strawson, Dummett e McDowell.
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